Francesco Tortora, giornalista e fotoreporter legato a Cerignola, con grande esperienza all’estero, ha raccolto le sue “impressioni” personali sulla terra in cui vive (Bangkok) e lavora in un volume appena uscito dal titolo “Note asiatiche”, la raccolta di un anno di note postate su facebook sul sud-est asiatico e l’estremo oriente. Ne abbiamo approfittato per intervistarlo e capire, da chi si confronta con realtà differenti, quanto Cerignola sta cambiando e quando sta cambiando l’informazione grazie alle tecnologie. Di seguito le parole dell’autore.
Com’è la vita di un giornalista reporter? Si tratta di una vita difficile e complessa, che mal si concilia con la vita quotidiana per come la si intende quotidianamente nel senso comune. Immaginate i tempi in cui dicevo alla mia compagna di allora: “Guarda, se torno vivo dalla Bosnia, ci rivediamo…”. Ma non si tratta solo di giornalismo di guerra, anche chi scrive di mafia è nel mirino. Mi son laureato in Sociologia nella Sessione immediatamente successiva a quella nella quale si laureò Giancarlo Siani, presso l’Università “Federico II” di Napoli e con lui ho cooperato all’Osservatorio sulla Camorra diretto dal prof. Amato Lamberti in una Napoli infuocata dalla coda delle BR (Sequestro Dozier) e con una particolare lotta mortale all’interno della Camorra degli Anni ’80. So bene, quindi, di che cosa si tratta. Ma -per chi sceglie questa vita- si tratta pur sempre di un lavoro e di una professione meravigliosa. Oggigiorno le difficoltà aggiuntive sono quelle rintracciabili nella enormi difficoltà del mondo del lavoro. Ed il Giornalismo, purtroppo -in questo campo- non si differenzia affatto.
Le tecnologie: quanto e come ti aiutano? Le tecnologie sono di enorme aiuto. Ho assistito un po’ a tutta l’evoluzione in questo campo. Quando ho cominciato a scrivere e quando ho sostenuto l’Esame da Giornalista Professionista, si usava ancora la macchina da scrivere. Per 6 anni ho lavorato in una Redazione a Milano dove si usavano ancora gli M24 Olivetti, dei computer che oggi sembrerebbero puro antiquariato, con Floppy Disk flessibili. Oggi, con un pc portatile, una macchina fotografica digitale ed un telefonino puoi svolgere il lavoro reportagistico -bene o male- un po’ ovunque nel Mondo. Si immagini cosa accadeva quando si scrivevano i testi a macchina e si facevano foto con macchine fotografiche meccaniche come chessò in Vietnam o come citavo più sopra, nella ex Jugoslavia. Allo stesso tempo, però, le nuove tecnologie hanno determinato l’assottigliamento del personale giornalistico delle Redazioni, lo strapotere delle Agenzie Stampa, spesso non verificate ed approfondite, che consentono di abbattere i tempi e di risparmiare allo stesso tempo sul “costo lavoro” con tutto quel che ne consegue. Oggi se apri un giornale italiano, a parte le pagine di Politica o di Gossip, son tutti uguali. E gli Esteri (stante anche la impossibilità di “permettersi” gli “inviati”) sono ridotti all’osso. All’estero, soprattutto nel contesto anglosassone, le cose grazie al cielo vanno ben diversamente.
Il tuo libro vuole essere “traccia nel tempo” o “primi appunti” per un progetto più ampio? Il mio libro nasce come elemento facente parte di un progetto integrato nel quale rientrano il mio sito in Lingua Inglese (l’Italiano per me ormai è residuale) http://asianproject.sitonline.it/ ed alcune mie pubblicazioni precedenti. Con l’Editore Web USA www.lulu.com infatti ho pubblicato un Portfolio Fotografico dedicato alla vita quotidiana alla città dove vivo, Bangkok, Thailandia. Ho anche realizzato un ponderoso saggio di 518 pagine con una trentina di interviste a corredo, fatte a numerosi opinion leaders italiani e stranieri di gran livello. Mentre invece con il Gruppo la Repubblica/L’Espresso e con il sito www.ilmiolibro.it, a parte il mio più recente volume “Note Asiatiche”, ho realizzato anche un instant book dedicato alla scena politica thailandese (“Il dilemma Thailandese”).
Nel posto dove vivi è più difficile fare il tuo mestiere rispetto all’Italia? In Thailandia, come in gran parte del Sud Est Asia e del cosiddetto “Estremo Oriente” il lavoro giornalistico è difficilissimo, si rischia spesso carcerazione, la censura, la morte. Ed in alcuni contesti è anche molto peggio, come accade nel Myanmar o in Cina. Il che è corroborato dalle classifiche internazionali degli osservatori del settore a livello mondiale, che pongono le Nazioni asiatiche in posizioni basse. In Italia, fatte le dovute distinzioni citate più sopra, il quadro complessivo è molto diverso.
Come vedi la situazione dell’informazione a Cerignola? Cosa è cambiato rispetto al passato e cosa ancora si può fare? Per quanto riguarda Cerignola, come tutti possono constatare, le innovazioni tecnologiche hanno consentito maggior accesso alla produzione di informazione (soprattutto grazie al Web). La carta stampata arranca, è sempre nelle mani dei soliti gruppi di pressione o potere. C’è un grosso gap rispetto a quel che accade in altri contesti provinciali, dove il giornalismo è più vivo e movimentato. Ho diretto un quotidiano regionale diffuso nel Lazio (successivamente un quotidiano nazionale organo di un partito) e quindi ho potuto vivere in prima persona la freneticità del giornalismo provinciale e regionale, Cerignola mi sembra non viva tale vivacità come nel resto della Puglia. Il Web è una validissima alternativa, più vicino al mondo dei giovani (che certo non amano il linguaggio paludato e spesso mistificatorio della carta stampata) e più veloce.
complimenti e in bocca al lupo a questo “cerignolano del mondo”.
Anche io sono un cittadino nato a Cerignola, che vive all’estero, ad aruba (Caraibi), a pochi chilometri dal Venezuela (come da cerignola a foggia). Seguo l’Italia da lontano e francamente mi sembra stia pegiorando giorno per giorno soprattutto nel campo dell’informazione. Nell’articolo che indico al link http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=46564 e che trovo una risposta stupenda ad un articolo apparso sul corriere a firma di un tale francesco tortora non ho potuto fare altro che rispecchiarmi. Non so se il Tortora del corriere e’ lo stesso tortora di cui parlate voi; se è lo stesso francamente debbo dire che mi dispiace veramente averlo come concittadino. Spero non sia lo stesso. Se ne leggono di cose ridicole, ma come quelle scritte nell’articolo citato si supera ogni fantasia ed ogni cavolata. Mi meraviglio como il corriere abbia pubblicato simili scemenze … una bambina di 5 o 6 anni (la figlia di chavez) superesperta di politica e filosofia che dice al padre …. le cose riportare nell’articolo. Tra l’altro mi sembra ce anche l’autore il Folliero, anche lui giornalista, sia di Foggia. Sarebbe interessante una sua intervista. Complimentio per il sito
Non si tratta della stessa persona, non è lo stesso Francesco Tortora.