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    Grano, Cia Agricoltori: “Se il prezzo scende, la filiera implode”

    Al di sotto di 50 euro a quintale si rischia il crack, la corsa al ribasso penalizza i produttori

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    “Se il prezzo del grano duro scenderà sotto i 50 euro al quintale, i produttori dovranno vendere in perdita, senza ricavare nemmeno i costi di produzione. Per questo la nostra organizzazione ha chiesto a Donato Pentassuglia, assessore all’Agricoltura della Regione Puglia, la convocazione urgente di un Tavolo cerealicolo che metta insieme tutta la filiera –produttori, stoccatori, mugnai e pastai – affinché tale eventualità venga scongiurata, con l’accordo di tutti, per garantire equilibrio assicurare redditività a ciascuna componente”. E’ Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente di CIA Agricoltori Italiani, ad annunciare l’iniziativa intrapresa dal sindacato degli agricoltori. “L’assessore Pentassuglia condivide le nostre forti preoccupazioni”, ha aggiunto Sicolo, “convocare il Tavolo Cerealicolo e convocarlo subito, è necessario a percorrere ogni strada possibile per evitare che la corsa al ribasso dia il colpo di grazia alle nostre aziende agricole e danneggi tutta la filiera”.

    “Alla Borsa Merci di Foggia, nella seduta di mercoledì 31 agosto – ha ricordato Angelo Miano, presidente di CIA Capitanata – le quotazioni del grano duro hanno registrato un decremento di 20 euro alla tonnellata per il biologico e di 25 euro per ‘fino’, ‘mercantile’ e ‘buono mercantile’. Il ‘fino” si è attestato a 50 euro al quintale, il biologico a 51, di poco inferiori le quotazioni delle altre due tipologie. “In media”, ha aggiunto Miano, “quest’anno i produttori hanno speso dai 1200 euro in su per ogni ettaro coltivato a grano duro, mentre le rese mediamente si sono attestate da 20 a 25 quintali per ettaro. La filiera cerealicola mostra segnali di grave sofferenza. Qualora i prezzi corrisposti ai produttori dovessero ancora scendere, molti si troveranno costretti a decidere di non riseminare per la prossima stagione”. Gli fa eco Giuseppe De Noia, presidente di CIA Levante: “Se davvero l’Italia tiene alla sua eccellenza sulla pasta di semola di grano duro, con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda posti di lavoro, export e redditività, allora occorre che i produttori siano tutelati, perché in questi anni sono stati loro la parte più debole di una filiera che ha continuato a macinare profitti crescenti per tutti, tranne che per gli agricoltori”.

    “Ciò che sta determinando il continuo deprezzamento sul grano, sul piano locale, è lo stato di necessità che sta imponendo agli stoccatori di vendere il prima possibile per rifarsi delle spese. A questa dinamica, poi – ha aggiunto De Noia -, si associa un quadro internazionale che penalizza il grano duro italiano a vantaggio di quello estero, nonostante il nostro sia più qualitativo e presenti maggiori garanzie di salubrità. E’ una tendenza che occorre invertire alla svelta”. Negli ultimi anni, complessivamente la Puglia ha prodotto mediamente 9,5 milioni di quintali di grano duro, vale a dire il 30% della produzione nazionale, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Da sola, la provincia di Foggia riesce in media a produrre 7.125.000 quintali su una superficie di 240mila ettari. Il calo della produzione è diretta conseguenza del prolungato periodo di siccità riscontrato nei mesi invernali. Il problema si riscontra in tutte le aree della Puglia, dal Foggiano alla Bat e all’area metropolitana di Bari, stessa cosa per il Tarantino. I costi di produzione per chi coltiva e raccoglie grano sono già aumentati a dismisura. Coltivare e, soprattutto, raccogliere un ettaro di grano, prima della pandemia aveva un costo che oscillava fra i 700 e i 750 euro, mentre per ultima campagna si è arrivati a un costo produzione e raccolta di 1200 euro a ettaro.

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