Il pg Carmelo Rizzo ha chiesto alla corte d’assise d’appello di Bari di derubricare il reato di omicidio volontario in preterintenzionale, e conseguentemente di ridurre la pena a 10 e 7 anni a Francesco Stallone e Michele Verderosa, ventinovenni di Foggia, accusati della morte di Donato Monopoli, ventisettenne di Cerignola pestato la notte del 6 ottobre 2018 nella discoteca “Le stelle” di via Trinitapoli: entrò in coma e morì sette mesi dopo, l’8 maggio 2019, all’ospedale di San Giovanni Rotondo. Stallone e Verderosa furono condannati dal gup di Foggia il 27 maggio 2022 rispettivamente a 15 anni e 6 mesi, e 11 anni e 4 mesi; fermati dai carabinieri poche ore dopo il pestaggio e trasferiti in carcere, ottennero gli arresti domiciliari 48 ore dopo dal gip al termine dell’interrogatorio in cui si dichiararono innocenti, e furono rimessi in libertà a aprile 2019. Ieri erano in aula; Verderosa ha reso dichiarazioni spontanee dicendo di “non aver toccato la vittima”. Sono accusati di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, “consistiti nell’aver aggredito la vittima che aveva approcciato ragazze conoscenti degli imputati, e successivamente aveva protestato perché i due lo avevano urtato versandogli addosso un cocktail”.
I giudici dopo requisitoria pg, arringhe parti civili e difensori hanno rinviato l’udienza al 20 marzo per la sentenza. Il gup ritenne Stallone e Verderosa colpevoli di omicidio volontario con dolo eventuale: “non agirono per uccidere” scrisse il giudice nel motivare le condanne “ma pur di perseguire il fine ultimo di punire chi aveva invaso il loro territorio, accettarono la possibilità che l’efferata aggressione posta in essere da due professionisti che praticano a livello agonistico pugilato e arti marziali, avrebbe potuto cagionare un evento infausto”. Per il pg invece i due giovani foggiani non volevano uccidere Monopoli né si prefigurarono questo rischio: si trattò di omicidio preterintenzionale e le pene vanno quindi ridotte. Conclusioni non condivise dai legali di parte civile per i genitori della vittima che hanno assistito all’udienza: gli avv. Franco Metta, Chiara Russo e Rosario Marino hanno chiesto alla corte di confermare il verdetto del gup e la qualificazione giuridica del reato di omicidio volontario. Per i difensori – gli avv. Paolo D’Ambrosio, Michele La Forgia per Stallone, e Maria Morelli per Verderosa – non ci fu un’aggressione, ma una rissa tra foggiani e cerignolani; hanno chiesto l’assoluzione per mancanza o interruzione del nesso di causalità tra presunto pestaggio e decesso, perché i medici avrebbero tardato nella diagnosi di aneurisma cerebrale causa della morte e nell’intervenire chirurgicamente (ma una perizia medica disposta dal gup nel processo a Foggia escluse qualsiasi responsabilità dei sanitari di “Casa sollievo”); e in via subordinata hanno sollecitato condanne per morte del corissante; e come ultima istanza derubricazione del reato in omicidio preterintenzionale e minimo della pena.
Un banale litigio dietro la tragedia. Stando al capo d’accusa Verderosa avvertì Donato Monopoli e l’amico Nicola Lupano: “ma lo sai qui dove siamo? Siamo a Foggia”; poi diede un pugno in faccia a Lupano che riportò ferite guaribili in 10 giorni (i due foggiani rispondono anche di lesioni). “In tal modo Verderosa agevolò, anche in virtù delle sue note abilità pugilistiche, la condotta criminosa di Stallone che dapprima sferrò almeno 2 pugni al capo di Monopoli con tale violenza da farlo cadere, quindi si pose a cavalcioni sulla vittima continuando a percuoterla con pugni fin quando non intervenne un amico della parte offesa che lo allontanò di peso”. (tratto da lagazzettadelmezzogiorno.it)