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    Matrimoni finti per far arrivare gli jihadisti

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    Jihadisti a caccia di spose italiane per infiltrarsi nel nostro paese. Lo Stato islamico prova a piazzare i suoi uomini a Roma, così come nel resto della grandi capitali occidentali, non solo attraverso l’immigrazione selvaggia che arriva con i barconi. I matrimoni fasulli, contratti con donne consenzienti in cambio di denaro, garantiscono ai mujiaheddin di stabilirsi in Italia in modo regolare e ottenere la cittadinanza per fare opere di proselitismo, spargere il seme del fondamentalismo e pianificare attacchi. Una delle principali basi di «reclutamento» è Roma, dove gli jihadisti pescano nel sottobosco del disagio metropolitano, tra donne in gravi condizioni economiche, tossicodipendenti e prostitute che per poche migliaia di euro si vendono agli immigrati in cambio di nozze fasulle. Il fenomeno dei matrimoni di convenienza tra immigrati e italiani, sia uomini che donne, è sotto la lente d’ingrandimento dell’Antiterrorismo dalla fine degli anni ’90. Ora, però, con l’avvento dell’Isis l’allerta sul rischio che questo tipo di nozze possano portare sul nostro territorio un numero imprecisato di terroristi si è innalzato.

    Nel mirino ci sono in prevalenza uomini provenienti dal nordafrica o dalla Siria, che attraverso una vera e propria rete di contatti, che sfrutta anche i social network, riescono ad intercettare le possibili prede nelle stazioni ferroviarie come Termini e Tiburtina, piuttosto che nei numerosi immobili occupati della Capitale, nelle periferie e attraverso la rete di immigrati che già vivono nel nostro paese. Una volta trovata la donna consenziente, non importa se bella o brutta, vecchia o giovane, scatta la trattativa. In media si va da un minimo di 2000 euro fino ad un massimo di 9 mila. «Qualche volta – spiegano a Il Tempo -soprattutto nei primi anni 2000, quando il fenomeno dell’immigrazione non era ai livelli attuali, le somme pagate erano nettamente inferiori. In alcuni casi, soprattutto quando la promessa sposa era tossicodipendente, il pagamento avveniva con dosi di droga che nel giro dei clandestini non mancano mai». Insomma, un mercato nero particolarmente a rischio che ha spinto l’Antiterrorismo ad intensificare i controlli sulle unioni che avvengono sul nostro territorio nazionale tra italiane e uomini stranieri, così come su quelli che avvengono nei paesi musulmani e registrati in seguito in Italia. Uno dei campanelli d’allarme è l’età degli sposi. Di frequente, infatti, l’uomo è più giovane della donna, un divario notevole che può arrivare anche a quindici anni. L’affare, comunque, può essere conveniente per entrambe le parti e qualche donna italiana, per bisogno o solo per guadagno, nel giro di un decennio ha contratto più matrimoni sempre con immigrati, che poi hanno ottenuto la cittadinanza italiana dopo due anni, e dai quali hanno puntualmente divorziato.

    Intanto la Casa Bianca ha confermato che il numero due dello Stato Islamico, Hjiji Mutaz, è rimasto ucciso in un raid americano lo scorso 18 agosto. «Fadhil Ahmad al-Hayali, noto anche come Hajji Mutaz – ha affermato il portavoce Ned Price – è morto mentre viaggiava su un veicolo diretto a Mosul, in Iraq, insieme a un altro operativo conosciuto come Abu Abdullah». La sua morte, ha aggiunto Price, è destinata ad avere un «impatto negativo data la sua influenza sulle finance, i media, le operazioni e la logistica dell’Isis». Sul fronte italiano, la polizia in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, ha arrestato alla frontiera italo-svizzera un avvocato algerino accusato di incitamento e appartenenza a un gruppo terroristico. Si tratta di Rachid Mesli fermato al traforo del Gran San Bernardo. Avvocato e attivista per i diritti umani, viveva a Ginevra con moglie e figli, ed era ricercato dalle autorità di Algeri per terrorismo. La polizia italiana ha dato esecuzione al provvedimento di cattura dell’Interpol. Ora l’autorità giudiziaria competente dovrà pronunciarsi sulla richiesta di estradizione. Secondo Amnesty International, però, “è una di quelle persone che mettono a disposizione la loro professione a difesa di chi subisce la violazione dei diritti umani”, ha spiegato all’Adnkronos il portavoce Riccardo Nouri. “Le autorità italiane – ha chiarito – hanno avuto l’obbligo di intervenire e fermarlo».

    Tratto da iltempo.it – di F.M. – 22 agosto 2015

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