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    Furti, atti vandalici e aggressioni: la Scuola in trincea

    Lettera aperta del Dirigente Scolastico Pio Mirra

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    6 ottobre 2017 all’istituto alberghiero “Gramsci” di Monserrato, nell’hinterland di Cagliari, è bastata una frase di una insegnante, “riponi nello zaino quel telefonino, non si può usare in classe per innescare la reazione di uno studente di 14 anni. Il ragazzino non ha esitato a scagliarsi contro la docente, sferrandole un pugno al volto, facendola cadere a terra svenuta.

    18 ottobre 2017 presso la Scuola Media San Giovanni Bosco di Bari una mamma prende a schiaffi l’insegnante della figlia, rea di avere rimproverato la ragazzina per il comportamento inopportuno tenuto in classe.

    10 gennaio 2018 ad Avola presso l’Istituto Vaccarini uno studente di 12 anni, rimproverato dal professore di educazione fisica, ha avvisato sua madre e suo padre di quanto accaduto. I due sono arrivati a scuola e hanno iniziato a tirare pugni e calci al docente, proprio sotto gli occhi degli studenti.

    1° Febbraio 2018 un ragazzo di 17 anni, studente all’istituto superiore Ettore Majorana di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta ha aggredito la professoressa di italiano, colpendola al volto con un coltello davanti ai compagni, per futili motivi dovuti a presunte offese da parte della stessa, che, visti gli scarsi risultati a scuola, voleva interrogarlo per fargli recuperare una insufficienza.

    10 febbraio 2018 il collaboratore del Dirigente scolastico della Scuola Secondaria di Primo Grado “L. Murialdo” di Foggia viene aggredito dal genitore di un alunno. Alla base dell’aggressione il rimprovero all’alunno che a fine lezioni, mentre la scolaresca usciva da scuola, spingeva e rischiava di far cadere le compagne in fila davanti a lui. Il docente ha riportato trauma cranico e addominale con prognosi di 30 giorni. L’aggressione è avvenuta davanti ad altri genitori e alunni della scuola.

    Questa assurda e drammatica escalation di violenza nei confronti della scuola ha dei responsabili? La scuola oggi ha perso, autorità, autorevolezza e prestigio sociale a causa di chi ha trasformato la scuola da istituzione a servizio socio-assistenziale e alunni e famiglie in consumatori da soddisfare. Anche le Linee guida MIUR per la lotta alla dispersione scolastica di gennaio 2018, pur riconoscendo il problema di origine multifattoriale, individua la scuola e i suoi operatori responsabili del fenomeno a causa dei suoi rigidi vincoli iperstandardizzati a discapito delle pratiche di “scuola attiva”, laboratoriale e partecipativa. Puntuale nelle Linee guida il richiamo a Don Milani, ma i tempi sono diversi e i ragazzi diversi. Ragazzi fragili e spavaldi cresciuti in famiglie adolescenti. Adulti collusivi o deboli nel ricoprire funzioni regolative, incapaci di assicurare rituali stabili e presidio pacato e fermo dei limiti, delegano alla scuola funzioni educative generali o rivendicano i propri modelli educativi come giusti e infallibili. Oltre ai ripetuti atti di vandalismo e furti, oggi la Scuola viene colpita anche nella sua parte migliore, i docenti, oggetto sempre più frequentemente di aggressioni verbali e fisiche. Sono stati raggiunti ormai livelli allarmanti che tolgono la necessaria serenità in chi quotidianamente si trova ad interagire nelle attività didattiche ed educative con adolescenti che non hanno più limiti né verbali né comportamentali e con genitori che ritengono di spadroneggiare con azioni violente ed intimidatorie. C’è la sensazione di lavorare in una trincea nella quale l’aggressione verbale è all’ordine del giorno mentre quella fisica non la si può più a priori escludere. Purtroppo la Scuola oggi è una comunità professionale indebolita da attacchi che hanno messo in discussione il ruolo educativo, formativo e spesso sostitutivo della presenza genitoriale. Molte volte la stessa scuola è vittima del “fuoco amico”, quando le istituzioni dileggiano dirigenti scolastici e docenti alimentando dubbi sulla gestione scolastica con grave nocumento alla percezione sociale della Scuola che, soprattutto oggi, deve far riconoscere il valore sociale e politico dell’attività scolastica e con tutto ciò che investe la persona, studenti e famiglie. E così la scuola privata del solido retroterra educativo assicurato dalle famiglie e dalla comunità e non aiutata dai media per poter funzionare non può più contare su quell’autorevolezza a priori che la società un tempo le riconosceva e non può più contare sull’efficacia delle note in condotta o di quei sistemi di dissuasione che si fondono su un codice comune e riconosciuto.

    Siamo davvero preoccupati di quanto ormai leggiamo quotidianamente e di quanto non leggiamo ma che sappiamo benissimo che accade. Il docente nell’esercizio della sua attività è “pubblico ufficiale” ai sensi dell’art.357 c.p., e l’art. 341 bis del c.p. tutela l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio da parte di chiunque procuri offesa dunque è opportuno e improcrastinabile rendere più grave il reato di oltraggio a pubblico ufficiale nella scuola proprio per la sua specificità di luogo di formazione e di educazione e prevedere un risarcimento all’Istituzione Scolastica –anch’essa vittima dell’aggressione – sulla base del danno cagionato alla sua immagine. E nel caso di violenze verbali da parte di un alunno prevedere il temporaneo affidamento ad Enti di volontariato riconosciuti e presenti nel territorio per favorire un processo di riflessione e di recupero educativo. Non possiamo più aspettare: si rischia una deriva culturale che toglie dignità ai docenti, sottrae autorevolezza alle istituzioni scolastiche, favorisce il misconoscimento del valore educativo della scuola.

    Il Santo Papa Francesco durante un’udienza generale di mercoledì in Vaticano, ha raccontato alla stampa un episodio di quando era bambino. Al tempo il Pontefice aveva commesso una marachella ed era stato rimproverato prima dalla maestra e, una volta tornato a casa, anche dalla madre, che successivamente si era scusata con l’insegnante per l’atteggiamento avuto dal figlio. Lui si era sentito così mortificato da non aver più compiuto quella marachella. I genitori dovrebbero assecondare il corpo docente e rincarare la dose e non prendersela invece con i docenti. Oggi invece, sempre più spesso, dopo le “bravate” dei propri figli i genitori si indignano se il docente li ha rimproverati non rendendosi conto che il rimprovero è parte del processo educativo, compito dell’insegnante a cui il genitore decide consapevolmente di affidare il figlio.

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