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    Renata Caputo, la cerignolana stella della serie A Elite del calcio a 5 femminile

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    “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”: questo è il messaggio di Renata Caputo, bomber di punta del Real Sandos, che quest’anno ha raggiunto l’apice della sua carriera calcistica grazie al passaggio in A Elite e la vittoria nella Final Eight a Lamezia. In un lungo viaggio alla scoperta del mondo del calcio a cinque e delle sue migliori protagoniste pugliesi, la cerignolana si racconta in un’intervista.

    Chi è Renata Caputo?

    «Renata Caputo in primis è una mamma di due splendidi figli ed è una persona che con tanti sacrifici è riuscita a raccogliere il seminato di tanti anni di calcio a 5 giocato».

    Un curriculum di tutto rispetto nel mondo del calcio a 5 femminile: come ti sei approcciata a questo mondo e qual è l’esperienza che tutt’oggi ricordi con un sorriso? Come descriveresti la tua passione per il calcio?

    «Ricordo perfettamente il passaggio dal calcio a 11 al calcio a 5. Due mondi completamente diversi, ma il calcio a 5 mi affascinava ed è per questo che decisi di proseguire su quella strada. Il calcio a 11 mi divertiva, ma l’adrenalina e le emozioni che ho provato con il futsal nessuno sport potrà mai eguagliare».

    Renata è cresciuta, si è evoluta ed è diventata la bomber di punta del Real Sandos. Che importanza ha la tua maglia oggi e quali sono i sacrifici che una mamma deve compiere per vivere a pieno la propria passione?

    «Tutto quello che ho fatto per arrivare fin qui me lo sono sudato, forse anche il doppio considerando che ho due bambini e di sacrifici ne ho fatti tanti. Questa maglia però per me ha avuto un valore enorme, a tale punto da tatuarmela sulla mia pelle: ho lottato, gioito, pianto e finalmente di nuovo esultato con questa maglia. Penso che ho vissuto tutto quello che qualunque calcettista desidererebbe provare. Forse è vero, è difficile capire i sacrifici che una mamma possa fare per conciliare sport e famiglia, ma dove c’è passione tutto si può».

    Real Sandos: come è nata la società e come ha fatto ad arrivare così in alto? Come descriveresti e chi ne è la vera forza? È il Real Sandos che ha scelto te o il contrario?

    «Il Real Sandos nasce a San Ferdinando e ha voluto adottare tutte noi della Salinis (società sportiva che prende il nome dalla saline di Margherita di Savoia), che ci siamo trovate ingiustamente senza un campionato e senza squadra a causa di alcune vicissitudini con un arbitro e quindi per motivi extra sportivi. L’estate scorsa, i valori e gli obbiettivi del Real Sandos si sono fusi e amalgamati bene con quelli dell’ex Salinis insomma. La forza del Real Sandos? È la Salinis, appunto. È una famiglia, persone piene di passione e che con tanti sacrifici hanno costruito una società impeccabile. Ognuna di noi è stata fortemente voluta e questo è quello che ci ha uniti ancor di più. Quando si è amati, il rendimento è doppio».

    Con il Real Sandos hai raggiunto l’apice della tua carriera sportiva: qual è stato il tuo contributo per arrivare in serie A elite? Qual è il momento più bello che hai vissuto quest’anno? Quale il più brutto?

    «Spero di non aver ancora raggiunto l’apice sportivo prefissato (risponde sorridendo la calciatrice, ndr) ma mi auguro di aver ancora tanti traguardi davanti. Quest’anno penso che la nostra squadra sia stata una macchina da guerra, per merito mio e di tutte le mie compagne. Ho aiutato la squadra a salire in Elite con i miei goal, ma ancor più con la mia determinazione, la grinta che mi contraddistingue e quella caparbietà che mi ha portata a giocare in ogni centimetro di campo. Il momento più bello? Sicuramente i quattro giorni a Lamezia per la coppa Italia. Tra allenamenti e post allenamenti mattutini mi sono divertita tanto. Dopo tanti sacrifici ci siamo portarti la coppa a casa…siamo campioni d’Italia!».

    Con le tue compagne sei stata protagonista di una delle sfide più avvincenti del vostro settore, la Final Eight. Qual è stata la squadra che vi ha fatto tremare e qual è stato lo spirito che vi ha condotto a vincerla?

    «La squadra che ci ha dato qualche preoccupazione è stata il Lamezia: con loro avevamo un conto aperto dall’inizio del campionato. Ma eravamo troppo determinate e compatte questa volta per cadere! Volevamo quella coppa, e alla fine è diventata nostra! Ci dona il giusto prestigio».

    Dopo tanta attesa, è arrivata finalmente la Elite. Che importanza ha questa categoria per la tua squadra e quali sono i traguardi futuri?

    «Ti ripeto, l’Elite ha un importanza indescrivibile. Ci hanno tolto ciò che era già nostro ingiustamente ma noi non abbiamo mollato, anzi abbiamo lavorato ancora di più: abbiamo sudato e finalmente ci siamo ripresi ciò che ci apparteneva. Perché noi siamo da serie A Elite».

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    Ora che hai raggiunto il massimo vertice della tua carriera, cosa ti aspetti ancora da te stessa e come ti vedi tra dieci anni?

    «Cosa mi aspetto? Ora non saprei risponderti perché come hai detto anche tu, al momento mi sento al vertice. Di sicuro voglio ancora migliorarmi per potermi confrontare sempre con le più forti e in realtà mi auguro che tra dieci anni raggiunga il mio più grande “sogno”. Spero di diventare Oss in qualche ospedale o struttura. Inoltre spero di realizzare il meglio con la mia famiglia, di avere una casa mia e magari nel tempo libero di allenare qualche piccola promessa del futsal».

    Da mamma sportiva che sei, come spingi i tuoi figli allo sport? Il gene Caputo ha colpito anche tua figlia? Come assecondi la sua passione?

    «Cerco di educare i miei figli allo sport perché prima di tutto lo sport insegna a vivere e questo al giorno d’oggi è importante. Il gene Caputo? Mia figlia ha scelto il basket, al contrario della mamma, ma è brava e spero che continui a coltivare la sua passione così come ho fatto io. Mio figlio, invece, è per il calcio a 11 e mi auguro che anche lui possa imparare tanto dallo sport, perché il calcio è uno sport di squadra ed insegna realmente ad aver rispetto e stare con gli altri».

    Cosa ne pensi del Cerignola femminile e cosa consiglieresti loro? Cosa diresti ai cerignolani che non credono in loro e a chi considera il calcio solo per uomini? Quale il tuo messaggio di sensibilizzazione?

    «Conosco bene le ragazze e so che anche loro ci mettono tanta passione. Io vorrei semplicemente dire di non accontentarsi mai e di non sentirsi mai “arrivate”, solo così si può crescere e raggiungere grandi obiettivi. Per quanto riguarda la non considerazione della donna “calciatrice”, ai maschietti direi soltanto questo: “Quando volete organizzare una partita contro di noi ben venga, poi ne riparleremo” – afferma ridendo la Caputo –. Un’ultima cosa: sono sempre i sogni a dare forma al mondo. Sono sempre i sogni a fare la realtà, quindi credeteci e non mollate mai! Perché tutto può succedere se lo si vuole!».

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