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    Rapporto Svimez: Puglia in ripresa, ma è allarme demografico

    Luci e ombre nei dati diffusi dall’istituto di studio economico per il Mezzogiorno. La nostra regione deficitaria anche in termini di servizi

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    La Puglia è in ripresa, ma la crescita è lenta e ci sono ancora gravi criticità. E’ questo il ritratto della nostra regione che si evince dall’anticipazione del Rapporto realizzato dallo “Svimez” (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, ndr), l’istituto che promuove lo studio delle condizioni economiche del Meridione. La Puglia ed il Mezzogiorno risentono del divario qualitativo tra lo sviluppo nazionale e quello degli altri paesi dell’Eurozona. Una ripresa fragile e minata dall’incertezza politico-economica: «Solo in Italia ed in Grecia il prodotto non è tornato ai livelli pre crisi – si legge nel documento -. La preoccupazione è che a fronte di una ‘stagione dell’incertezza’ […] si determino condizioni di freno all’espansione dell’attività produttiva». Tuttavia, secondo le rilevazioni, il Sud cresce allo stesso ritmo del Nord Italia – risultato che lo stesso rapporto definisce “inaspettato” – grazie all’apporto della domanda estera, ma «dopo sette anni di recessione interrotta (2008-2014), l’economia delle regioni meridionali, malgrado un triennio di crescita consolidata, sconta un ritardo non solo dal resto Europa ma anche dal resto del Paese». La soluzione che lo “Svimez” individua per rafforzare la ripresa è quella di migliorare la domanda interna, agevolando quindi la condizione delle famiglie e dei piccoli investitori.

    DATI REGIONALI: CRESCITA, EMERGENZA DEMOGRAFICA, SANITA’ E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

    Un dato messo in evidenza dal rapporto è quello della disomogeneità della ripresa tra le regioni meridionali. Nella graduatoria del Pil, se alcune regioni come Basilicata (+0,7%), Sicilia (+0,4%) e Molise (-0,1%) arrancano ancora, a trainare la ripresa sono Calabria (+2%), Sardegna (+1,9%) e Campania (+1,8%). La Puglia si colloca immediatamente dopo queste ultime, facendo registrare una variazione del prodotto interno lordo del +1,6%; «merito – si legge nel rapporto – dell’industria delle costruzioni […] ma anche di un’intonazione positiva dell’industria in senso stretto». Anche l’agricoltura, settore cardine dell’economia regionale, nonostante le note problematiche fa registrare una buona performance, registrando un +4% nel triennio.

    Ma a fronte di questi dati incoraggianti non mancano criticità piuttosto rilevanti, tra cui spicca l’emergenza demografica: «Le previsioni Istat delineano un percorso di forte riduzione della popolazione nei prossimi cinquant’anni con una manifestazione più intensa nel Sud». In particolare, se ad inizio 2017 gli abitanti censiti in Puglia erano 4.063.888, se la tendenza rimarrà invariata, entro il 2065 crolleranno di circa un milione di unità. A pesare sono il calo delle nascite e l’emigrazione di capitale umano indispensabile per lo sviluppo territoriale. Un dato su tutti rende meglio la gravità della situazione: «Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati». La nostra regione poi è una di quelle che stabilisce uno dei saldi migratori peggiori con il -1,7%, equivalente a 69000 residenti in meno.

    Altra nota dolente è quella dei servizi. «Ancora oggi al cittadino del Sud, nonostante una pressione fiscale pari se non superiore per effetto delle addizioni locali, mancano (o sono carenti) diritti fondamentali», denuncia il rapporto. Notoriamente problematico è il settore della sanità. Non a caso, secondo i dati raccolti, risulta che i Pugliesi preferiscano curarsi fuori regione, con un saldo dei ricoveri di lungodegenza negativo, pari a -11.071. Non sono migliori le performance della Pubblica Amministrazione. Secondo l’indice di valutazione elaborato dallo “Svimez”, la Puglia fa registrare un punteggio di 43 su un massimo di 100. Emblematico è l’indice sui tempi di attesa, il quale determina la percentuale di file di oltre i 20 minuti presso i pubblici uffici. Percentuale che per la nostra regione si attesta al 27,1% per l’anagrafe, al 63,9% per le ASL e al 54% per gli uffici postali.

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